15 – Questioni legali

sexhiv-71Questa sezione dell’opuscolo serve solo a darti informazioni generali e non rappresenta una forma di consulenza legale. Se ne hai bisogno, contatta lo sportello legale dell’associazione lgbt più vicina, oppure un avvocato. Le seguenti informazioni sono aggiornate al gennaio 2014.

La tutela della privacy

La legge, in particolare la n. 135 del 1990, tutela la riservatezza delle persone che vengono diagnosticate con l’infezione da Hiv. Va detto che non sempre queste norme vengono rispettate: ad esempio, alcuni datori di lavoro chiedono ai loro dipendenti (o a chi si candida per un posto di lavoro) di effettuare il test Hiv nonostante questa pratica sia lecita solo in un limitato numero di casi (forze dell’ordine, personale sanitario, ecc.).

Se un professionista viola il tuo diritto alla riservatezza, l’azione più logica sarebbe segnalare il comportamento scorretto al suo ordine professionale: anche in questo caso, purtroppo, spesso gli ordini non fanno niente o solo richiami simbolici. L’unica via a quel punto è sottoporre la questione a un avvocato per valutare la possibilità di sporgere denuncia.

Colpevole di contagio

In Italia non ci sono leggi che condannino esplicitamente il caso di trasmissione volontaria del virus Hiv. Tuttavia diverse norme sono state impiegate in casi di questo tipo: ci sono state persone denunciate per lesioni personali e, se la persona contagiata muore per complicazioni legate all’Hiv, anche per omicidio colposo. Si è anche arrivati a condanne definitive. Mentre in altri Paesi sono più diffusi, in Italia i casi di denunce per aver esposto una persona al rischio di infezione senza che questa avvenisse sono meno frequenti.

In generale, perché si rischi davvero una condanna ci devono essere i seguenti elementi:

  • la persona che trasmette l’infezione deve sapere di averla;
  • la persona che viene esposta al rischio di contrarre l’infezione o la contrae è ignara dello stato di sieropositività di chi glielo trasmette;
  • l’elemento psicologico del reato sussiste anche quando non c’è la “volontà di contagiare” ma il contagio si verifica “a causa di negligenza o imprudenza o imperizia”.

Di solito si cerca di ricorrere ad analisi genetiche sui virus per confermare che la trasmissione dell’infezione sia avvenuta effettivamente da una persona a un’altra, anche se l’affidabilità di questi test non è assoluta.

All’estero, di recente, alcuni tribunali hanno preso in considerazione la carica virale della persona con Hiv per “quantificare” la probabilità che aveva di trasmettere l’infezione. Non si ha notizia, in Italia, di un simile atteggiamento da parte della giustizia.

sexhiv-76Stigma e discriminazione

Nella maggior parte dei casi, la gente non sa cosa sia l’Hiv né cosa significhi vivere con l’infezione. L’unica immagine che si ha, quando non la si relega solo nel contesto africano, è di una malattia collegata al sesso (soprattutto gay) e all’uso delle droghe: stili di vita ritenuti devianti da molti. Tale ignoranza e tali pregiudizi alimentano paure infondate che si possono tradurre in atteggiamenti discriminatori verso le persone con Hiv. Questo spiega anche perché tanti sieropositivi scelgano l’invisibilità: la maggioranza evita di parlarne sul posto di lavoro, nella vita sociale, in famiglia.

Così, molte delle persone con Hiv che subiscono discriminazioni rinunciano a denunciarle per non dover parlare in tribunale del loro stato.

Se pensi di aver subito un torto, parlane con qualcuno: potresti cominciare a consultarti con un’associazione oppure metterti in contatto direttamente con un avvocato. Anche Plus può offrirti una consulenza professionale se vuoi. Se hai paura di “metterci la faccia”, devi sapere che si può cercare di gestire tutto cercando di rispettare, per quanto possibile, la tua privacy. E rifletti anche su quanto sia importante, non solo per te ma anche per gli altri, combattere ogni forma di discriminazione.

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